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Viaggi e salvezza: Melicerte nell’epigrammatica
Sergio Russo
Il nome dell’eroe infante Melicerte, più comunemente noto come Palemone1, almeno in seguito all’apoteosi ottenuta, secondo la tradizione, post mortem, ricorre in alcuni epigrammi dell’Antologia Palatina compresi fra il II secolo a. C. ed il I d. C. ed ascrivibili ai poeti Filodemo di Gadara, Antipatro di Sidone e Lucillio (o Luciano di Samosata2). Benché rimanga poco chiaro se tali componimenti rievocassero viaggi in mare realmente compiuti dagli autori ovvero fossero soltanto un divertissement letterario, simili appaiono le strutture dei testi e le finalità delle invocazioni: chiamato, infatti, a sovrintendere alla traversata dei poeti ed all’incolumità delle imbarcazioni sulle quali questi si trovavano, Melicerte Palemone, in associazione con altre divinità marine, aveva il compito di vigilare sul corso del viaggio, così da ottenere in cambio, una volta che i naviganti fossero giunti presso un porto sicuro, un ex voto per il soccorso ricevuto. Il carattere marino di Melicerte –del tutto esplicitato dopo il salto in mare (katapontismos) e la conseguente
1 Secondo la tradizione, altri due eroi ebbero questo nome. Entrambi vengono menzionati da Apollodoro: il primo, figlio di Eracle, sarebbe nato dall’unione di questo con Autonoe, figlia di Pireo (cfr. Apoll. Bibl. 2, 7, 8), nel quale potremmo riconoscere un amico di Telemaco (cfr. Hom. Od. 15, 539). A un Palemone, figlio di Efesto, il mitografo accenna in Bibl. 1, 9, 16 (avrebbe partecipato alla spedizione degli Argonauti ma per Apollonio Rodio il nome era Palemonio: cfr. Arg. 1, 202). Su Palemone Herculei socius in età romana cfr. Plaut. Rud. 160-162. 2 Cfr. D. FUSARO - L. SETTEMBRINI, Luciano di Samosata. Tutti gli scritti, Milano 2007, 2027, n. 34.
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