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Materia, libero arbitrio e origine del male nell’apologetica cristiana dei primi secoli
Roberta Franchi Università degli Studi di Firenze
Il problema della materia, insieme a quello del libero arbitrio, rappresenta uno dei punti di maggior attrito fra la dottrina cristiana e la filosofia pagana1. Platone, Aristotele e il pensiero filosofico greco hanno ammesso l’esistenza di una materia increata, eterna e ordinata dal Demiurgo. Come testimonia un passo di Atanasio di Alessandria, tale questione viene fatta risalire anche dai cristiani al pensiero platonico: ¥lloi d, n oj sti ka Ð mgaj par’ Ellhsi Pl£twn, k proãpokeimnhj ka ¢gen»tou Ûlhj pepoihknai tÕ qeÕn t¦ Óla dihgoàntai: m¾ ¨n g¦r dÚnasqa
ti poiÁsai tÕn qeÕn e m¾ proãpkeito ¹ Ûlh… e g¦r oÙk sti tÁj Ûlhj aÙtÕj atioj, ¢ll’ Ólwj x Øpokeimnhj Ûlhj poie t¦ Ônta2. L’idea di una materia o di una matrice originaria del divenire corporeo è, infatti, già prefigurata nel Timeo (51A) di Platone: «Perciò non diremo che la madre è il ricettacolo di ciò che è generato, visibile e in genere sensibile, sia terra o aria
1 L’opera classica, ormai datata ma sempre di riferimento, è Cl. Baeumker, Das Problem der Materie in der griechischen Philosophie, Münster 1890. Per un quadro più ampio cfr. E. McMullin, The Concept of Matter in Greek and Medieval Philosophy, Notre Dame (Ind.) 1965. 2 Athan., Inc. 2,3 (ed. R.W. Thomson, p. 138). Per un commento cfr. Athanasius: De Incarnatione Verbi. Einleitung, Übersetzung, Kommentar von E.P. Meijering, Amsterdam 1989, pp. 41-42.
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